Necessita riflettere e sperimentare forme di lotta, di petizioni, ecc. per incominciare a sollecitare la burocrazia al fine di rispettare i diritti dei Cittadini.
Via libera al pignoramento dei fondi del Ministero della
Giustizia in forza di un titolo esecutivo che segue la condanna al pagamento
dell’indennizzo per la lunghezza dei processi, come previsto dalla legge Pinto.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.
6078 del 26 marzo 2015, fa scattare il semaforo verde per la confisca
presso la Banca d’Italia dei fondi Irap, Irpef e simili in favore dei creditori
dello Stato.
IL FATTO
G.B. convenne in giudizio il Ministero della Giustizia esponendo di avere
promosso atto di pignoramento presso terzi sottoponendo ad esecuzione forzata
somme detenute dalla Banca d’Italia, quale Tesoriere Provinciale dello Stato di
Reggio Calabria, per conto del Ministero della Giustizia.
Precisò che il titolo esecutivo nasceva dal provvedimento di condanna
giudiziale del Ministero della Giustizia al pagamento della somma di €
10.000,00 per equa riparazione da irragionevole durata del processo.
Il Ministero propose opposizione agli atti esecutivi sostenendo che la forma
del pignoramento presso terzi non poteva essere utilizzata.
Il Tribunale accolse l’opposizione proposta dal Ministero e
dichiarò la nullità del pignoramento presso terzi.
Nel ricorso per cassazione, G.B. censura la decisione del
giudice di merito per violazione dell’art. 1-ter del D.L. 16
settembre 2008 n. 143 convertito in legge 13 novembre 2008, n. 181 (che ha
esteso la disciplina sui pignoramenti da eseguirsi nelle forme di cui all’art.
1 del D.L. 25 maggio 1994 n. 313, anche ai fondi del Ministero della Giustizia
precedentemente dichiarati impignorabili).
LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso presentato da G.B. Sul punto, la
legge n. 89 del 2001 ha introdotto nell'ordinamento italiano la possibilità di
ricorrere alle Corti territoriali per ottenere la c.d. “equa riparazione” per
l’irragionevole durata del processo.
La finalità della c.d. legge “Pinto” era quella di evitare
che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo fosse adita direttamente.
Lo Stato Italiano, però, condannato ripetutamente, oltre che
dalle Corti di merito, anche dalla Corte di Giustizia Europea, continua a
frapporre ostacoli di ogni tipo alla reale riparazione del danno causato alla
vittima della violazione del par. 6 della Carta dei Diritti dell’Uomo e delle
Libertà Fondamentali nonché dell’art. 2 della legge n. 89/2001 (queste le norme
che sanciscono il diritto di ogni individuo ad un processo sollecito).
In sostanza, attraverso la c.d. dichiarazione di
impignorabilità dei beni appartenenti al Ministero della Giustizia,
l’esecuzione dei decreti di condanna è praticamente impossibile.
L’art. 1, comma 1348, della legge n. 296/06 ha dichiarato
impignorabili alcuni fondi di proprietà del Ministero della Giustizia.
Sono stati, pertanto, pignorati nelle forme
dell’espropriazione forzata presso terzi, fondi diversi da questi, non
ricompresi nella previsione normativa.
Successivamente, interviene l’art. 1-ter del
D.L. 16 settembre 2008 n. 143 convertito in legge 13 novembre 2008 n. 181 – che
ha esteso la disciplina sui pignoramenti da eseguirsi nelle forme di cui
all’art. 1 del D.L. 25 maggio 1994 n. 313, anche ai fondi del Ministero della
Giustizia precedentemente dichiarati impignorabili.
E’ bene ricordare che la Corte di Strasburgo ha sancito il
principio di civiltà secondo cui lo stato membro è obbligato a stanziare le
somme destinate alla soddisfazione del creditore senza frapporre ostacoli, pena
l’ulteriore violazione dell’art. 6 della Convenzione per mancata esecuzione
della sentenza interna che accerta il diritto di credito dell’individuo nei
confronti dello Stato (Sezione IV, 19 giugno 2007, ricorso n. 19981/02).
La Corte Costituzionale, poi, con le due pronunce n.
348/2007 e 349/2007 ha definitivamente affermato che le leggi interne contrarie
alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo sono incostituzionali e rispetto
ad esse va sollevata questione di legittimità.
Peraltro, la Costituzione Italiana ha pienamente recepito i trattati
internazionali e, pertanto, ove la legge italiana vi si ponga in insanabile
contrasto, essa deve essere disapplicata, ovvero dichiarata incostituzionale.
La violazione del diritto alla ragionevole durata del
processo è particolarmente grave e odiosa, come il mancato rispetto della Carta
dei diritti dell’Uomo, ed è di pari rango alla tortura, alla negazione della
libertà di stampa e di espressione, all'impedimento dell’esercizio dei diritti
civili etc.
La Corte Europea (sentenza del 31 marzo 2009) ha
espressamente sottolineato, respingendo la tesi del Governo, che non si può
chiedere ad un individuo, che ha già fatto ricorso alla c.d. legge Pinto per
ottenere un indennizzo per la durata eccessiva del processo, di presentare un nuovo
ricorso se la sentenza di condanna non viene eseguita in tempi rapidi.
Con detta pronuncia, la Corte Europea ha ulteriormente
condannato lo Stato Italiano perché le sentenze emesse in forza della legge
“Pinto”, non solo non vengono eseguite, ma vengono ostacolate con mezzi
francamente inaccettabili.
Non è consentito al giudice emettere nuove norme, pena il
superamento della divisione dei poteri che vede nel Parlamento l’unico organo
legislativo dello Stato.
Pertanto, i fondi del Ministero della Giustizia, comunque
diversi da quelli tassativamente indicati dall’art. 1 del D.L. n. 143/08, sono
liberamente pignorabili.
Fra l’altro, si precisa in sentenza, non è applicabile a
questo caso l’attuale disposizione dell’art. 5-quinquies della
legge n. 89 del 2001, che prevede la modalità di pignoramento diretto, vale
dire nella forma dell’espropriazione diretta presso il debitore, attraverso
atto notificato al funzionario delegato del distretto in cui è stato emesso il
provvedimento giurisdizionale posto in esecuzione. Infatti, la disposizione è
entrata in vigore in data 9 aprile 2013, ai sensi dell’art. 13 del decreto
legge n. 35 del 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 82 dell’8 aprile
2013 e non ha efficacia retroattiva.
La Cassazione chiude la vicenda accogliendo nel merito il
ricorso della cittadina e avviando il pignoramento presso la Banca d’Italia.
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